Natale non è una festa sentimentale, ma il giudizio sul mondo e il nuovo ordinamento di
tutte le cose. Quella notte il senso della
storia ha imboccato un’altra direzione: Dio verso l’uomo, il grande verso il
piccolo, dal cielo verso il basso, da una città verso una grotta, dal tempio a
un campo di pastori: nasce un bambino, sufficiente a mutare la direzione della
storia.
La stalla e la mangiatoia. Dio entra nel mondo dal punto più basso perché
nessuna creatura sia più in basso, nessuno non raggiunto dal suo abbraccio che
salva.
Natale è il più grande atto di fede di Dio nell’umanità, affida il figlio alle mani
di una ragazza inesperta e generosa, ha fede in lei. Maria lo fa vivere con il
suo abbraccio. Allo stesso modo, nell’incarnazione mai conclusa del Verbo, Dio
vivrà sulla nostra terra solo se noi ci prendiamo cura di lui, come una madre,
ogni giorno.
Cristo nasce perché io nasca. La nascita di Gesù vuole la mia nascita: che io
nasca diverso e nuovo, che nasca con lo Spirito di Dio in me. Natale è la
certezza che la nostra carne che Dio ha preso, amato, fatto sua, in qualche sua
parte è santa, che la nostra storia in qualche sua pagina è sacra.
Il creatore che aveva plasmato Adamo con la creta del suolo si fa lui stesso
creta di questo nostro suolo. Il vasaio si fa argilla di un vaso fragile e
bellissimo. E nessuno può dire: qui finisce l’uomo, qui comincia Dio, perché
Creatore e creatura ormai si sono abbracciati. Ed è per sempre.
Ermes Ronchi
don Piero, Daniela e tutte le famiglie della Comunità